La storia

LA STORIA DEL GLORIOSO BATTAGLIONE SETTE COMUNI

gli ufficiali della  145 cp in foto

Soprannominato il Battaglione dagli Austriaci “I Diavoli Verdi” per ardimento e coraggio dimostrato.

Fondato a Bassano Veneto, attuale Bassano del Grappa, alla fine di novembre del 1915 era costituito da un Comando e due Compagnie individuate nella 145ª e 144ª rientranti nel 6° Reggimento Alpino.
Il Battaglione prese il nome da quella terra che poi difenderà eroicamente a costo di enormi sacrifici e perdite umane.
Si formò grazie al Battaglione “Bassano” e “Val Brenta” che gli fornì ufficiali inferiori ed i graduati di truppa oltre al distretto Militare di Vicenza che reclutò 1.200 alpini classe 1890 dai centri di mobilità zonali.

A Caporetto completerà il proprio organico assorbendo la 94ª compagnia dal ” Btg. Bassano” per cui in definitiva sarà composto da:

 

 

33 ufficiali
1190 tra alpini e graduati
88 tra muli e cavalli

I suoi Comandanti:
Il comandante del Sette Comuni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Magg. Ettore Milanesio Comandante del Battaglione;
Foto-Setti-Jefte- la storia della 145
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitano Jefte Setti Comandante della 145ª cp.

Capitano Umberto Fabbri Comandante della 144ª cp.

cecchin

 

 

 

 

 

 

 

Ten. Giovanni Cecchin Comandante della 94° cp M.O.V.M.

 

Una volta completamente strutturato, il Battaglione inizierà
le sue eroiche gesta, partecipando in prima linea alla
Grande Guerra.
A causa di colpi dell’artiglieria austriaca di forte
Jaworcek, subisce le prime perdite a maggio 1916 in una
marcia notturna a seguito dell’ordine ricevuto di portarsi
da Serpenizza sulla vetta Cukla, per dare il cambio al Bassano. Continuamente posti sotto tiro dai cecchini del Rombon e colpiti dagli shrapnels sparati dai forti Jaworcek e Hermann, resisteranno e respingeranno i diversi e numerosi attacchi degli Austriaci che rivolevano la vetta Cukla a tutti i costi, ottenendo per questo un encomio da parte del Comando Generale del IV Corpo d’Armata.
La 3° e 11° armata Austro-Ungarica nella famosa Strafexpedition guidata dall’Arciduca Eugenio, superiore in mezzi ed uomini, travolge la 1° armata Italiana del gen. Pecori Giraldi. Ciò nonostante l’avanzata viene frenata e poi fermata a Passo Buole, Pasubio, Novegno, Belmonte, Zovetto Lemerle, Zebio e su altre posizioni. Le perdite italiane furono ingenti. A causa di questo sfondamento delle linee da parte degli Austriaci, il Comando Generale invia l’ordine perentorio ed immediato al Bassano e Sette Comuni, di ripiegare in fretta per difendere il loro territorio. Arrivato il cambio dal Saluzzo, i Battaglioni velocemente superano Caporetto, e da Cividale in treno si portano a Bassano. Nella notte dell’8 giugno il Sette Comuni arriva con autocarri a Enego riposando in Val Zante e mettendosi a disposizione del XX° Corpo di Armata. Successivamente, la 1° Armata Italiana, ripresasi, contrattacca respingendo gli Austriaci facendoli arretrare notevolmente.

Bloccata l’avanzata, dal 2 giugno in poi viene ripristinato il fronte, in modo da organizzare la successiva controffensiva. Così tra il 15 e 16 giugno il Sette Comuni riprese la marcia e, una volta attraversato il Passo Lupo, si porta a Malga Giogomalo, unendosi sotto la direzione del Gruppo Alpini Stringa. Dal Comando Generale arriva l’ordine di prendere la vicina Cima Isidoro. La 144ª compagnia nel frattempo tenta la conquista della cima Castelloni di San Marco, mentre la 94ª e 145ª a quota 1.720 e nel Fontanello tentano di distrarre con azioni di disturbo gli Austriaci. La 144ª arriva sulla sommità e riesce a farsi proprie 5 schwarzlose e due obici Austriaci. Questo ardimento valse l’onore della medaglia d’argento al valor militare per atti degni di menzione per eroismo al Capitano Mannerini, ed ai Sottotenenti Giovanni Cecchini e Cesare Porta. Nel combattimento muoiono purtroppo i decorati al valor militare con la medaglia di bronzo, Tenenti Bassanesi Guido Costa ed Enrico Moranti. Il giorno dopo su slancio del Sottotenente Giovanni Fincato di Enego viene conquistata Cima Isidoro a 1.914 mt. Il Comando però sottovaluta l’importanza dei collegamenti in quei particolari e difficili frangenti, mettendo il battaglione in difficoltà perché isolato. Fortunatamente gli Austriaci non ne approfittarono e stranamente si ritirarono.

Il giorno successivo il Sette Comuni affiancato dal Val Cenischia punta verso cima Campanella e Caldiera a quota 2.218. Arriveranno in questi monti partecipando a quello che verrà successivamente definito il calvario degli Alpini di cui il Sette Comuni sarà protagonista.
Da una parte un forte sistema difensivo ben organizzato e rifinito dal XX Battaglione Feldjager 6° Divisione Graz al Comando del Ten. Generale Artur Edler Von Mecenseffy. Schierato lungo quel tratto tutto il III Corpo d’Armata Carinziano Stiriano comandato dal Gen. Krautwald chiamato anche “corpo di ferro”. Arriverà poi, su richiesta del Comandante Conrad nei momenti più difficili, la 73 divisione da montagna comandata dal Gen. Goinginger. Dall’altra Italiana la 52 Divisione Alpini, i Fanti della Brigata Regina e Piemonte, e il 9° Bersaglieri.

Innumerevoli sono i tentativi dei due battaglioni di conquistare le vette con assalti alla baionetta e a corpo a corpo. Molti degli Alpini caddero feriti mortalmente o scomparirono perché dilaniati dagli scoppi delle bombe di diverso calibro che gli piovevano addosso sparate dai cannoni Austriaci. Ciò nonostante l’ardimento e il coraggio degli indomiti Alpini permise che alle 17 di sera dello stesso giorno riuscissero ad occupare questa posizione. Nonostante fossero stanchi per la pressione subita, e per le numerose perdite, con il consueto slancio che li contraddistinse sempre, si dirigevano ancora verso l’Ortigara dove ad attenderli vi erano i reticolati, le cannonate e le mitraglie degli Austriaci.

Si pensi che per fornire una idea della cruenta battaglia, in quel mentre, le truppe Austriache spararono in mezza giornata più di 200 tonnellate di proiettili per fucili e mitragliatrici. Ulteriori decorazioni al merito furono assegnate ancora ai valenti Cap. Mannerini e De Angeli e Sten. Cecchini e Porta accanto alla medaglia d’argento al valor militare assegnata all’Alpino di Asiago Valentino Veller che vide morire al suo fianco nell’assalto il fratello Cristiano. In verità, senza distinzione alcuna, tutti coloro che combatterono sull’Ortigara in entrambi gli schieramenti così come in generale in tutte le altre zone di guerra, oggi sono degni di menzione merito e onore, nessuno escluso. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci si mise anche la natura che con un violento acquazzone seguito da grossa grandine e repentina riduzione delle temperature, provocò ulteriori perdite tra i poveri Alpini, già stremati dalle estenuanti battaglie.

Arrivati al 29 in prossimità del Buso si ammassarono con quanto rimase del Val Maira e dell’Argentera. Infatti del Sette Comuni erano rimasti in vita non più di 200 uomini che si raggrupparono nella 145ª comandata dal Cap. Setti e composta da 4 plotoni (2 della 145 e 1 per la 94 e uno per la 144). Un ulteriore tentativo estremo portava a quota 2.101 gli Alpini rimasti per l’ennesimo assalto alla baionetta.
Alle 3 del mattino incitati dal Comandante al grido di Savoia, quando ancora la notte era buia, sulla destra del vallone dell’Agnelizza il plotone della 145ª con un slancio diretto dal Sottotenente Fincato raggiunse q. 2.101 ed entrava nelle trincee nemiche. Gli Austriaci contrattaccarono in forze, obbligando i pochi superstiti alla veloce ritirata. Con l’intento di riunirli nuovamente per non disperderli, vennero raggruppati tutti assieme i battaglioni del Val Maira, Argentera e Sette Comuni, sotto il comando del Magg. Milanesio. Assestandosi su postazioni precarie, tra il 3 e 5 luglio operarono di notte dei varchi tra i reticolati con tubi di gelatina. Gli Austriaci accorgendosi dell’iniziativa si appostano velocemente proprio in quei varchi provocando ulteriori decimazioni tra gli Alpini all’assalto.

Tra il 6 e il 10 luglio il Sette Comuni tenta inutilmente di conquistare le postazioni avversarie, con ulteriori attacchi, subendo ingenti perdite. Questo costrinse il Comando ad ordinare che venisse dato il cambio all’oramai esiguo e stremato Sette Comuni. All’arrivo dei rincalzi, questi ammutolirono nel vedere le cime completamente coperte da tanti Caduti di valorosi Alpini colpiti dalla morte. Una visione questa che sconvolse le giovane reclute appena arrivate al fronte, affiancate dai veterani oramai abituati a convivere con la morte, dopo anni di duri combattimenti. Il Sette Comuni rinforzato dai nuovi arrivi, viene nuovamente impegnato all’attacco di quota 2.105 e 2.101 dell’Ortigara, affiancati nello slancio anche dal Battaglione Verona. Gli Alpini che riuscirono a sopravvivere nei giorni precedenti, ancora si trovarono a dover affrontare quelle quote spaventose che tanto gli costarono in vite umane. Numerosi ed inutili tentativi di assalto non portano che ad altrettanti inutili perdite di gloriosi ed eroici Alpini che si andavano ad ammassare uno sopra l’altro falcidiati dalle inarrestabili mitragliatrici che continuavano incessantemente a sparare, e le cui canne fumavano dal calore sprigionato.

Alle ore 17 del 24 gli Alpini ripiegano ancora sul Caldiera. Dopo questa ennesima ecatombe il battaglione ritorna a Malga Fossetta per un meritatissimo e difficile riposo. Gli Alpini, in silenzio, non riusciranno più dimenticare e rappacificarsi di aver perduto così tanti amici nel dorsale dell’Ortigara. Ma velocemente, costretti dagli eventi bellici, si riprendono anche perché la Guerra non permette loro di fare diversamente. Costituiscono una sezione mitraglieri grazie alle schwarzlose prese al nemico.

Rafforzano le trincee del Monte Palo e il 10 ottobre il Sette Comuni si ritrova ancora a Malga Fossetta, per formare con il Verona, Bassano e Monte Baldo il 9° Gruppo del col. Stringa. Verso l’Ortigara. Bisogna conquistarlo. Ultimo obbiettivo prendere cima Portule. L’azione, denominata K doveva avvenire prima dell’inverno e programmato quindi per il 10 novembre. La neve cade e per quel giorno già è alta oltre il metro. Questa impedisce i collegamenti e l’eventuale assalto e quindi il tutto viene rinviato. Le successive abbondanti nevicate portano il Comando a rinviare definitivamente l’attacco all’anno successivo. Il 20 novembre il Sette Comuni ritorna sul Monte Palo per consolidare e mantenere tutti i collegamenti, scavando profonde gallerie sotto la neve. Uno tra gli inverni più freddi con – 33° e il gelo e assideramento che poteva colpire in qualsiasi momento ogni Combattente. Anche da parte Austriaca quanto qui descritto è valso in quanto le stesse sofferenze, patimenti, eroismi ed altro coinvolsero queste truppe impegnate. La guerra non risparmiò nessuno. Dopo oltre 67 giorni di trincea e combattimenti a viso scoperto, corpo a corpo contro gli Austriaci, con un respiro di sollievo il 14 marzo 1917 il Sette Comuni viene destinato a riposo a Crespano del Grappa dove soggiorna per due mesi. Il Gen. Di Giorgio conferisce a questo eroico battaglione per gli atti compiuti e le ingenti perdite subite sull’Ortigara, la Medaglia d’Argento al valor militare.

Nel frattempo arriva l’ordine dal Comando Generale: il Battaglione Sette Comuni deve dirigersi nuovamente verso l’Ortigara. Gli Alpini informati iniziano a rabbrividire e rivivere i tragici momenti vissuti in quel Monte, ripensando ai tanti amici non più presenti e lasciati sepolti o al sole in quelle vallate. Così l’11 maggio lo stesso si incammina verso l’Altopiano, accampandosi nella zona Barricata con il 9° Gruppo Alpini, ritrovandosi ancora a distanza di un anno, il 7 giugno, all’interno delle trincee del Caldiera sotto la famosa e tragica quota dei 2.101.

Il Comando Generale impartisce l’ennesimo ordine. La quota 2.101 deve essere conquistata a tutti i costi dal 9° Gruppo. Questo deve passare sopra gli Austriaci presenti al passo dell’Agnella per poi travolgere la quota 2.101 e 2.105. Si parla di soli quattro metri dove migliaia di Alpini e Austriaci morirono tra attacchi e difese.

Il fronte sull’Ortigara come si presentava il 10 giugno 1917.
A sinistra quello Austriaco, a destra quello Italiano

fronte Ortigara la storia della 145

Ore 6 del mattino del 10 giugno Le batterie italiane iniziano a sparare. Si ripete la drammaticità dell’evento come fosse il giorno prima. In realtà è trascorso un anno e molti non sono più presenti. Prima dell’attacco tanti pregano, altri scrivono, chi cerca di smorzare la paura con battute. Tutti sono uniti dalla certezza che il rientro non è assicurato e guardano il cimitero facendo gli scongiuri. Si attende il termine del bombardamento quasi fosse una liberazione per quel sentire alla gola il cuore battere. Alle 15 questo smette.

E’ il momento.

Il Battaglione Sette Comuni intona l’inno di Mameli e a seguito dell’urlo dell’Ufficiale inizia l’ondata verso il fondo dell’Agnellizza ancora coperto dalla neve. Il Sette Comuni con il Tenente Cecchin attacca con la 94ª cp. Poi seguita dalla 144ª del Ten. Concato. Si arriva al vallone all’altezza della baita. Dietro una ecatombe di Alpini caduti. Tutti corrono in avanti cercando ripari tra le buche delle bombe esplose, o dietro gli stessi caduti, nella speranza di riuscire a farcela a evitare i proiettili diretti e poter quindi ritornare indietro. Vedono ai loro fianchi cadere i propri commilitoni e sperano che quella non sia la loro prossima sorte. Ma procedono. Le artiglierie non hanno provocato varchi nei reticolati, e l’assalto non è stato preparato creandoli prima. Alle 15 e 45 i primi eroi arrivano e si trovano davanti ad una realtà assurda, inverosimile. Nessun varco davanti a loro. Nel frattempo il crepitio delle mitragliatrici continua a mietere sempre più vittime. Una carneficina. Gli Alpini cadono ammassandosi uno sopra l’altro. Corrono allo scoperto affrontando frontalmente le mitragliatrici e i fucili che spietatamente si fanno sentire e colpiscono con precisione. Una vera e propria mattanza.

Alle 17 il Maggiore Milanesio, vista la situazione, ordina ai pochi superstiti di ripararsi sotto la quota 2.105 vicini al Bassano. Si ripropone lo stesso scenario dell’anno precedente. Non si comprende l’ostinazione del Comando, che ordina anche nei giorni successivi che continui la carneficina. Così avvenne l’11 e il 12 , fino a che la notte del 13 visti i pochi uomini rimasti e nessun risultato ottenuto, si ordina al Sette Comuni di ripiegare a Malga Moline dove ad attenderli quali rinforzi vi sono le reclute classe 1.898. Giovani che senza rendersi conto, si sono trovati in mano un fucile per nulla preparati a dover affrontare la morte. E come sarebbe stato del resto possibile. La lugubre e tenebrosa montagna era sempre là ferma a scrutare e testimoniare il susseguirsi degli eventi.

trincea dell'Ortigara la storia della 145

Ancora il 19 giugno riparte l’azione per la conquista dell’Ortigara e il Sette Comuni si riporta sotto i roccioni di quota 2.105 in supporto del Verona. Alle 6 scatta l’ora fatidica dell’ennesimo assalto. Il Comandante del Battaglione viene gravemente ferito dallo scoppio di una granata, ma rimane ugualmente fermo nonostante il sangue e la debolezza che gli pervade il corpo. Incita i suoi bravi Alpini a procedere, e li vede per l’ennesima volta cadere inesorabilmente uno dopo l’altro. Il Tenente Fincato riesce ancora ad irrompere nelle trincee della maledetta quota 2.105 potendola toccare nuovamente. Da qui procedono con il Capitano Setti fino ad arrivare alla tanto cima sperata. Non sembrava vero. Ma si fermarono e non proseguirono verso il Portule, probabilmente per la stanchezza o per la gioia di essere arrivati alla tanto agoniata cima dell’Ortigara. Si attese quel breve tempo che però, per mancanza di ordini e determinazione, permise agli Austriaci di colpire la cima con innumerevoli colpi di artiglieria purtroppo precisi. Cadono tutti. Urla, imprecazioni, richieste di aiuto, chi chiama la propria mamma, chi invoca la Madonna, chi la sposa o il figlio. Uomini che sono scomparsi dietro lo scoppio di una granata, maciullati a brandelli. Saranno gli ennesimi dispersi tra i tanti. Nessuno si salva. Non c’è distinzione tra Ufficiali e Truppa. Tutti uniti al loro destino. Il tenente Cecchin colpito da una scheggia rimane e rincuora i propri uomini. Portato a Enego, ivi morirà tre giorni dopo.

Il “Sette Comuni” rimane comunque indomito nel presidiare le posizioni conquistate, sempre battute dal tiro dell’artiglieria nemica, fino alla notte tra il 21 e il 22 quando viene rilevato dal “Bassano” e i pochi superstiti ripiegano a Malga Moline. Ma la cima dell’Ortigara non rimane a lungo in mano agli Alpini. Nella notte tra il 24 e 25 violenti bombardamenti e l’utilizzo di gas asfissianti, resero vani i sacrifici dei tanti caduti Alpini, e la cima viene ripresa dagli Austriaci. Poi il Sette Comuni si ferma sul Monte Palo e Campoluzzo per rafforzare le diverse postazioni. Gli esiti del fronte sull’Isonzo, costringono gli Alpini a ripiegare retrocedendo e ripercorrendo a ritroso quella terra conquistata e ancora intrisa dal sangue dei propri Commilitoni che ivi ancora giacevano. Gli sguardi attoniti dei superstiti che volgevano loro le spalle nell’indietreggiare, lasciò un segno in ognuno di loro, e in quel momento ebbero l’ulteriore conferma che tutto fu inutile e vano. Si attestano quindi lungo il fronte difensivo posizionandosi ora sul Monte Badenecche Lazzaretti. Accanto al battaglione Val Dora e ad uno di Arditi, riconquistano Malga Fratte. Il Sette Comuni fiero del nome che portava, difese strenuamente decimato, il proprio territorio giorno dopo giorno per oltre due mesi, impedendo agli Austriaci di sfondare sull’Altopiano e scendere nella vallata verso Venezia.

E così il 20 febbraio trova la meritata ospitalità nelle vicinanze di Vicenza. Quattro mesi dopo il Battaglione combatte sul Monte Grappa per poi ritornare a difendere nuovamente la zona che lo vide sempre presente: l’Altopiano di Asiago in zona Ekar.

In vista della decisiva offensiva il Sette Comuni oltrepassa Molinetto sul Piave il 29 ottobre sotto il tiro intenso dell’artiglieria Austriaca. Conquista il giorno dopo il Monte Balcon e Orsera e il 31 anche il Monte Zogo. Sul Marziai apprendono increduli dalla viva voce di S.M. il Re l’avvenuta occupazione di Trento, Trieste e la Vittoria di Vittorio Veneto. Dall’inizio dell’attività operativa del Sette Comuni, molti giorni erano trascorsi. Le vicissitudini del Battaglione lo portarono alla ribalta per i numerosi atti di eroismo e solidarietà dimostrati. Ingenti furono le perdite a dimostrazione di quanto coraggio, resistenza, forza, spirito, ed eroismo gli Alpini del Battaglione seppero dimostrare sacrificandosi. Gli Austriaci Alpini soprannominarono “diavoli verdi” i componenti del Battaglione per l’audacia e per il valoroso coraggio che dimostrarono.
Il primo comandante del “Sette Comuni” così definì il suo Battaglione: “pur nella sua breve vita guerriera, diede generoso contributo di valore e di sangue per tessere a punti d’oro la gloriosa istoria della Patria”. I numeri delle penne nere cadute siano di esempio, per non dimenticarli mai.

Gli Ufficiali della 145 la storia della 145

Decorazioni al valore:

Medaglia d’Argento: Monte Ortigara, 10-20 giugno 1917
Medaglia d’Oro individuale: Tenente Cecchin Giovanni – Monte Ortigara, 10-19 giugno 1917
N° 61 Medaglie d’Argento individuali
N° 88 Medaglie di Bronzo individuali

Complessivamente sull’Ortigara si persero 28.000 soldati italiani di cui 12.633 Alpini:
Gli Austriaci persero 8.000 tra i suoi valorosi.
Bibliografia: Battaglione 7 Comuni (Battaglione Trento) – 10° Rgt. Alpini Editore – Roma 1934 – Ortigara 1917 – Gianni Pieropan – Mursia Editore 1974