Il Bollettino della Vittoria
Comando Supremo 4 Novembre 1918 ore 12:00
La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce  supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24  Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed  asprissima per 41 mesi è vinta.
Armando Diaz
Approfondimenti storici
La Triplice Alleanza
La triplice alleanza fu una sorta di patto di reciproco aiuto, per mezzo del quale l’Impero Germanico, Austriaco e il Regno d’Italia il 20 maggio 1882 giurarono che in caso di attacco di potenze straniere verso una delle componenti del patto, le altre sarebbero intervenute nel conflitto in suo aiuto. Germania e Italia in più si unirono nell’impegno di intervento immediato in caso di belligeranze mosse da parte della Francia. Mentre l’Italia specificò che tale non sarebbe avvenuto in caso di attacco da parte del Regno Unito. Poco dopo del rinnovo avvenuto all’inizio del nuovo secolo, nel 1902 segretamente l’Italia estese tali garanzie anche con la Francia rendendo nullo di fatto l’accordo precedentemente preso con la Germania e l’Austria. Quest’ultima fin dall’inizio non si fidò mai dell’Italia, in considerazione anche del passato storico che la vide sempre sua nemica (vedi le guerre risorgimentali). Per questo non diede mai credito alle garanzie fornite dall’Italia. Conrad infatti nel 1916 darà il nome di strafexpedition (spedizione punitiva) ad una tra le più imponenti e massicce offensive perpretate ai danni dell’Italia. Gli Austriaci infatti mai perdonarono all’Italia il tradimento, accentuando il loro accanimento riscontrabile anche nei confronti degli italiani stessi durante le diverse fasi del conflitto. L’Adesione dell’Italia alla duplice alleanza ebbe origine dalla conquista da parte della Francia nel maggio 1881 della Tunisia, che l’Italia vedeva da tempo come una propria colonia da annettersi. La realtà che poi portò l’Italia a mutare indirizzo, trovava il suo vero fondamento sull’irredentismo del Trentino e dell’Istria, ovvero territori dove la maggioranza presente era italiana che chiedeva a gran voce di far parte dell’Italia. All’entrata in guerra nel 1914 della Germania e Austro Ungheria contro la Francia Russia e Regno Unito, l’Italia dichiarò la sua neutralità . Successivamente entrerà il 24 maggio 1915 in guerra a fianco della triplice intesa.
La triplice intesa
Era un sistema di alleanze politico militari stipulate tra la Francia e Inghilterra e l’Impero Russo.
Nel 1894 Francia e Russia stipularono alleanze militari e economiche. Dopo il 1904 superate le varie crisi, Francia e Inghilterra si portarono anch’esse a stipulare accordi di alleanze. Una volta risolti i contrasti coloniali in Asia, anche tra Inghilterra e Russia si instaurò una alleanza che alla fine portò per questi intrecci tutti gli stati ad essere tra loro legati. Questa triplice intesa si contrapponeva alla triplice alleanza che comprendeva l’Impero Germanico, Austriaco e il Regno d’Italia.
Gli Stati che parteciparono al conflitto.
La guerra conobbe il suo inizio con lo scontro tra gli Imperi centrali. Da una parte la Germania e l’Impero Austro Ungarico contro le nazioni dell’intesa: Francia, Gran Bretagna e Russia. Successivamente entrarono nel conflitto per effetto delle varie alleanze allargandolo, altri stati quali: Italia, Impero Ottomano, Belgio, Canada, Australia, Stati Uniti, Serbia, Romania, Sud Africa, Nuova Zelanda. Da qui, per l’estensioni degli stati presenti, prese il nome della Prima guerra mondiale.
Lo scoppio della prima guerra mondiale
L’Austria pensava che la campagna contro la Serbia fosse il rimedio ai diversi problemi esistenti all’interno dell’Impero. Si parlava di Austia e Ungheria legate tra loro, dove la prima aveva pieni poteri esclusivi sulla politica estera, laddove la seconda invece poteva intervenire al momento dell’approvazione del bilancio dell’Impero a fianco dell’Austria con poteri di intervento su quest’ultimo.
Con l’assassinio di Francesco Ferdinando diretto erede al trono dell’Impero Austro Ungarico, nel giugno 1914 avvenuto a Sarajevo per mano di un anarchico serbo, si pensò che questo fatto sarebbe stato lo strumento per poter realoizzare un piccolo regno slavo. Immediatamente le colpe si tentarono di farle ricadere alla Mano nera, una sorta di nazionalisti collegati agli ambienti governativi della serbia. Ecco che il ministro degli esteri Austriaco inviò il 23 luglio 1914 un ultimatum alla Serbia, imponendo 15 punti praticamente impossibili da attuarsi per la Serbia, e che si doveva accettare entro 48 ore dalla consegna. In considerazione del pericolo che la Serbia percepì e quindi delle mire austriache comprese, questa accettò 14 delle 15 escludendo la possibilità che la polizia austriaca si sostituisse a quella serba nelle indagini sul proprio territorio. La volontà di addivenire ad un accordo di mediazione solo per questo punto, portò alla rottura delle relazioni diplomatiche il 25 luglio dichiarando guerra mediante l’invio di un telegramma alla serbia il 28 pari mese.
Ma la Russia nel 1909 si impegnò a fornire la garanzia per l’indipendenza alla Serbia a patto che la stessa cedesse la Bosnia all’Austria. Una annessione e guerra a lei rivolta avrebbe fatto venir meno tale indipendenza con l’obbligo della Russia ad intervenire. Per quell’unico punto dei 15 non mediato, si dide einizio ad un acatena inarrestabile di interventi in virtù delle alleanze esistenti che portarono al primo conflitto mondiale. L’Austria non valutò come altrimenti avrebbe dovuto tutto questo, sperando nel non intervento della Russia. Cosa che invece avvenne quando il 30 luglio mobilitò le sue truppe. Il 31 la Germania allora chiese alla Russia che ritirasse le sue truppe. Ma la prima non potè aderire alla richiesta per motivi di ordine strategico. La Germania dichiarò guerra alla Russia il 1 agosto 1914 e due giorni dopo contro la Francia come suo alleato. Di fatto la guerra non si sviluppò come si crede per effetto delle varie allenaze. Lo prova il fatto che il Regno unito entrò nel conflitto contro la Germania il 4 agosto, solo per effetto che la stessa invase il Belgio la cui indipendenza le fu garantita nel 1839..
L’entrata in guerra dell’Italia
L’Italia entrò nel conflitto il 24 maggio 1915 con la dichiarazione di guerra consegnata dall’ambasciatore italiano all’Austria in Vienna.
I primi scontri sul campo.
Tutti parteciparono al conflitto credendo che lo stesso durasse poco nel tempo. I diversi contadini, lasciarono le proprie terre, confidando di ritornarci epr il raccolto. Nessuna guerra infatti condotta nel passato durò parecchi anni. Vi era quindi da un lato l’esempio del passato e dall’altro la forte convinzione di essere ben preparati e più forti anche in virtù della presenza di altre potenze a fianco. La realtà drammatica invece risultò essere molto diversa e numerosi furono i raccolti nei campi venuti meno.
La Germania nell’affrontare la Francia e Russia pensò di attaccare e distruggere la prima per poi dedicarsi alla seconda. Questo era il cosiddetto piano Schlieffen che prendeva nome dal suo autore ovvero Capo di Stato Maggiore Alfred Graf von Schlieffen. Tale piano prevedeva la mobilitazione immediata con l’invasione della Francia attraverso i Paesi neutrali di Olanda e Belgio attraversando le Fiandre, direzione verso Parigi. In contemporanea veniva distolto il nemico con l’attuazione di posizionamenti difensivi nella Lorena, Vosgi, Mosella al fine di attirare l’attacco dei Francesi. IL tutto in 39 giorni pianificati. Poi la dislocazione di tutte le truppe sul fronte orientale. Il piano non condusse alle attese sperate, e questo in quanto:
l’esercito belga se pur inferiore di numero e equipaggiamenti, rallentò l’avanzata di oltre un mese rispetto ai piani programmati. Anche quando distrutto si venivano ad attuare sabotaggi e i cecchini si fecero sentire a tal punto che i tedeschi decisero di reprimere violentemente tali iniziative adottando quei tristi metodi che poi sarebbero stati ripetuti anche nella seconda guerra mondiale: per ogni tedesco caduto, dieci civili belgi sarebbero stati uccisi.
I soldati britannici seppero resistere alla prima armata tedesca di Von Kluck a tal punto da obbligarlo a deviare su Compiegne che non verso Parigi. Così scopri il fianco alla 6 Armata francese permettendo l’assalto. I tedeschi non crederono fin dall’inizio che l’Inghilterra si attivasse, e questo fu per loro un grave errore di sottovalutazione della realtà .
I russi velocemente si mobilitarono (cosa che i tedeschi non previsero avvenisse così in fretta) attaccando ad est obbligando a distogliere truppe dalla Francia per dislocarle verso quell’area.
Le vie di comunicazione francesi (stradalie ferroviarie) erano molto più efficienti di quanto i tedeschi pensassero. Questo agevolò il trasporto veloce di truppe verso l’Alsazia e Lorena. Si ricorda che addirittura quando i tedeschi erano arrivati a pochi chilometri da Parigi, vennero utilizzati tutti i taxi della capitale per trasportare truppe in prima linea pur di frenare l’avanzata.
I ritardi portati dai Belgi, Francesi e Inglesi all’avanzata in Francia e la veloce mobilitazione dei reparti Russi, del tutto inaspettati dai Tedeschi, sconvolsero i loro piani e strategie. La Russia iniziò caparbiamente attaccando la Prussia Orientale, costringendo la Germania a farvi fronte con ammasso di truppe. Riuscì a sconfiggerla dopo una serie di battaglie conosciute, tra cui quella di Tannenberg tra il 26 e 30 di agosto 1914. L’avanzata russa comandata dal generale Samsonov si scontrarono con le rafforzate trincee difensive tedesche
Cronologie degli eventi
1914
28 luglio 1914 dichiarazione di guerra dell’Austraia alla Serbia
1 agosto 1914 dichiarazione di guerra della Germania alla Russia
2 agosto 1914 occupazione del suolo Lussemburghese da parte dele truppe tedesche
3 agosto 1914 dichiarazione di guerra della Germania alla Francia
4 agosto 1914 il Belgio stato neutrale, viene invaso dalla Germania
4 agosto 1914 a seguito dell’invasione Belga, il regno Unito dichiara guerra alla Germania
20 agosto 1914 I tedeschi occupano Bruxelles
23 agosto 1914 Il giappone dichiara guerra alla Germania
9 ottobre 1914 l’assedio di Anversa
novembre 1914 l’Impero ottomano entra in guerra a fianco della Germania e Austria
1915
24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria Ungheria
ottobre la Bulgaria entra in guerra a fianco della Germania e Austria
1916
31 maggio 2 giugno la più grande battaglia navale chiamata poi la battagli dello Jutland che fu vinta dalla Germania e che portò a innumerevoli vittime inglesi e affondamenti di parecchie corazzate fra le quali quelle della invincible e Qeen Mary.
27 agosto 1915 la Romania dichiara guerra all’Austria Ungheria
28 agosto 1915 l’Italia dichiara guerra alla Germania
1917
24 febbraio 1917 l’Ambasciatore degli Stati uniti d’America riceve dall’impero germanico un telegramma dove si attesta che la stessa restituirà al Messico il sudovest americano.
maggio 1917 a seguito affondamento nave americana gli stati uniti dichiarano guerra all’alleanza e inviano in Francia sotto il comando di John Pershing 175.000 uomini che arriveranno ad essere in Europa due milioni.
l’Italia. Da neutrale a schierata.
Negli anni precedenti allo scoppio della guerra l’Italia aveva tenuto stretti rapporti politici con il Regno Unito e la Francia. Prevalendo la corrente degli interventisti, la decisione ad entrare in guerra venne presa a seguito del patto segreto stipulato con la Triplice Alleanza e sottoscritto dal ministro degli esteri Sonnino il 26 aprile (detto anche Patto di Londra) all’insaputa del parlamento italiano. Tale prevedeva l’entrata in guerra entro un mese da parte dell’Italia in cambio di territori in caso di vittoria corrispondenti alle attuali regioni del Trentino Alto Adige, il Tirolo meridionale, Trieste, Gorizia, l’Istria (priva di Fiume) e parte della Dalmazia. A tale patto si arrivò partendo dalla dichiarazione di non belligeranza e neutralità dichiarata dal governo guidato dal conservatore Antonio Salandra. Nella realtà il tempo di attesa servì al Regno per comprendere con quale parte schierarsi sulla base delle ricompense date in caso di vittoria. Molti furono coloro che nel governo si dimostrarono contrari all’entrata in guerra. Tra questi Giolitti, mentre tra gli interventisti si schierarono Benito Mussolini, Marinetti e altri. Dopo il patto di Londra il 3 maggio l’Italia darà disdetta alla Triplice Alleanza. Giolitti tentò il tutto per tutto pur di non far entrare in guerra l’Italia, che tra l’altro non poteva essere a finaco dell’Austria in virtù delle diverse guerre risorgimentali combattute (altrimenti disconosciute) dove poggiavano le motivazioni forti degli interventisti. Inutili furono i tentativi di Salandra, tanto che decise di rassegnare le sue dimissioni direttamente al Re. Giolitti rinunciava a succedergli dimettendosi. Così, per la volontà di voto espresso da un gruppo di minoranza, si darà fuoco a quella miccia che diverrà una tra le più immani e grandi tragedie del nostro secolo: La grande guerra. Saranno più di 650 i km del fronte dove si ammasseranno le truppe italiane mobilitate.
L’italia sparò il primo colpo di cannone il 24 maggio dal Monte Verena diretto all’Altopiano di Folgaria. Iniziva così la triste storia che vide coinvolti moltissimi italiani. Alle 23:56 dello stesso giorno la flotta Austro Ungarica bombardava Ancona e colpito a morte cadeva il primo soldato italiano, che apparteneva all’8° rgt. Alpini battaglione Cividale che stava posizionandosi sul confine sul monte Kolovrat in comune di Drenchia, prov. di Udine .
Il Comando venen affidato al generale Luigi Cadorna e il fronte si estendeva dallo Stelvio al Mare Adriatico. Il tentativo attuato di sfondamento si ebbe sull’Isontino verso Lubiana. Nel frattempo un tentativo si ebbe anche sul col Basson dove in una notte vennero falcidiati numerosi fanti del treviso che tentarono di sfondare per la via di Trento passando Folgaria. MA i reticolati e le mitragliatrici poco conosciute come barriere agli attacchi a viso aperto, portarono innumerevoli vittime e carneficine.
Le battaglie dell’Isonzo
La prima. 23 giugno 7 luglio 1915
Presa la testa di ponte a Tolmino e ill monte Nero quali primi importanti obiettivi strategici, per la mancanza dell’appoggio di artiglieria, gli Italiano vennero poi subito respinti. Nonostante la superiorità di questi ultimi (due italiani per un austriaco) i carenti supporti dell’artiglieria durante l’assalto dei fanti diluiti poi lungo tutto il fronte nel tentativo di trarre in inganno gli austriaci, non portarono che a pochi risultati ed un inutile massacro con innumerevoli vittime. Le brigate Re e Casale arrivarono alal periferia di gorizia, ma fu solo un momento perchè vennero immediatamente respinti. Ai primi di luglio rafforzati gli Austriaci grazie all’intervento di due divisioni di rinforzo si venne a concluder ela prima battaglia che portò a piccole conquiste a prezzo di numerosi caduti nelle alture del Plezzo e Tolmino.
La seconda. 18 luglio 4 agosto 1915
Visti gli errori precedenti Cadorna decise di ripetere gli attacchi, ma con una maggiore presenza di tiro delle artiglierie. La strategia adottata era antiquata rispetto alle nuove mitragliatrici e reticolati che sbarravano le diverse avanzate. Lo sbarramento di artiglieria a cui seguiva l’attacco di massa poco portò se non ancora innumereevoli ed inutili spargimenti di sangue. una volta che le artiglierie terminavano di colpire, i reticolati per effetto delle esplosioni ricadevano ancora più contorti lungo la linea, senza che vi fossero varchi. Una consuetudine in questa guerra che costò migliaia di vittime. E anche quando di varchi se ne intravedevano, appostate immediatamente non appena questi si creavano vi erano le fatidiche mitraglie che attendevano la stretta avanzata. Numerosi i corpo a corpo e gli eroismi da entrambe le parti. La seconda e terza Armata e la XX Divisione ungherese di fanteria vennero ridotte per le numerose perdite subite (della XX divisione rimase solo un terzo degli effettivi iniziali) Il 25 luglio gli Italiani conquistarono Bosco Cappuccio a sud di Monte S. Michele, poi ripreso dal colonnello Richter a seguito di innumerevoli contrassalti.
La terza. 18 ottobre 4 novembre 1915
Ci volelro ben due battaglie e innumerevoli caduti perchè Cadorna comprendesse la fondamentale importanza della presenza dell’artiglieria. Per questo i cannoni passarono a 1.200. Ora gli obiettivi erano Plezzo, Tolmino, Gorizia. L’aver distribuito in modo uniforme lungo tutto il fronte isontino facendo attaccare su piccoli tratti, fu un errore che costò ancora una volta agli italiani. Infatti gli Austriaci concentrarono tutta la loro forza sul nemico che avanzava su direttrici più a imbuto. I bombardamenti permisero agli italiani di avanzare alla Plava, sul meridione della Bainsizza, e sul Monte S. Michele. I numerosi attacchi e contrattacchi costarono ancora molte vite da entrambe le parti per contendersi pochi metri. Cadorna comprese che nulla si era modificato nel territorio e quindi decise di interrompere l’offensiva.
La quarta. 10 novenbre 2 dicembre 1915
La gran parte dell’offensiva si tenen tra Gorizia e il Carso. Si occupò Oslavia. Il monte Sei Busi, già più volte teatro di sanguinosi scontri, fu nuovamente posto sotto attacco. La testa di ponte a Tomino fu oggetto di pesanti bombardamenti con altre perdite innumerevoli. Successivamente vi furono solo piccole schermaglie tra i due fronti contrapposti. L’inverno mise termine anche a questa battaglia.
Il risultato di queste prime grandi battaglie fu il seguente:
60.000 Caduti Italiani
150.000 feriti
All’inizio del 1916 iniziarono altre battaglie.
La quinta dell’Isonzo
L’inverno aiutò a rafforzare le linee con l’arrivo di altre truppe organizzate nelle 8 nuove divisioni appostate lungo il fronte. Tali offensive erano indirizzate esclusivamente per distogliere l’attenzione degli Imperi dalle loro vittorie sul fronte Orientale contro la russia e a Verdun secondo gli accordi presi nella conferenza tenutasi a a Chantilly in dicembre 1915. Per questo erano assalti meno impegnativi e condotti lungo Gorizia e Tolmino. 11.000 i Caduti in una settimana e arresto e assestamento sui luoghi anche per effetto della Strafexpedition che iniziò nel frattempo sul Trentino.
La Strafexpedition
E’ il 14 maggio 1916. Inizia un fortissimo, intenso incessante bombardamento dell’artiglieria austro-ungarica che prese di sorpresa gli italiani. L’artiglieria italiana, non si contrappose anche eprchè gli ufficiali erano in licenza pronti per l’offensiva sul Carso. Le fanterie italiane non ripiegarono immediatamente facendo venir meno il rafforzamento delle seconde e terze linee, che cedettero subito all’avanzata degli Austriaci. L’undicesima e terza Armata Austro Ungarica attaccarono lungo un fronte di 70 Km. La preparazione fu molto attenta. Si distolse l’attenzione ai comandi italiani, mentre si ammassavano le truppe lungo la linea e in particolare sull’altopiano di Folgaria da dove iniziò l’attaco. Da Passo Coe verso Tonezza, Da Passo Vezzena e col BAsson verso Asiago e da Serrada verso Il Terragnolo. In Valsugana il XVII corpo d’Armata austriaco arrivò fino a Ospedaletto. Il VII austriaco da Val Lagarina avanzò attestandosi sul Pozzacchio, Col Santo e Zugna Torta. La resistenza italiana fermoò l’avanzata sul Cogni Zugna, Pasubio, e Passo Buole.
La più colpita fu la 35° Divisione colpita da oltre 300 cannoni nemici su appena 6 Km di fronte a cui seguì il poderoso attacco del XX Corpo d’Armata Austro Ungarico dell’Arciduca Carlo. Questo ampio avanzare e l’indietreggiare rovinoso delle truppe italiane, portò il panico e condusse l’alto comando a richiamare anche le ultime leve. Vi era la necessità di poter prendere tempo per riorganizzarsi, tant’è che venne chiesto alla Russia di iniziare una poderosa offensiva che fosse tale da allentare la morsa presente nella parte italiana.
Tutto l’Altopiano di Asiago fu teatro di sanguinosissimi combattimenti. Su 5 Km di fronte si abbatterono numerosi colpi di cannoni e l’offensiva fu cruenta e inarrestabile a tal punto che si venne ad occupare Arsiero, Asiago, e quindi tra il 27 e 28 maggio la caduta di Gallio. Nella ritirata venenro fatti saltare i forti Verena, Campolongo e Punta Corbin. Dopo pressioni arrivarono a conquistare il Monte Cengio e a seguito della mina su Monte Cimone arrivarono sulla sua sommità . In pratica dominavano la vallata e dalle nuove posizioni in cui si attestarono, mancava poco ad arrivarci.
Cadorna non si fece prendere però dalla situazione alquanto drammatica. Raggruppò gli uomini che ripiegarono in maniera sbandata, sostituì i comandanti che riteneva non fossero in grado di riprendere in mano il comando, e una volta pronto, decise di sferrare un cotrattacco il 2 giugno. La 1 Armata comandata dallo stratega Gen. Pecori Giraldi avanzò sull’Altopiano in modo da prendere la parte centrale per poi aggirare sui fianchi le truppe nemiche presenti sulla Valsugana e Val Lagarina. A nulla valse tale tentativo per effetto della mancata copertura delle artiglierie assenti.
Arriva l’insperato aiuto da parte del fronte russo dove il 4 giugno parte una grossa controffensiva. I comandi austriaci necessitano di ingenti truppe per farvi fronte e quindi dal Tirolo vengono spostate velocemente verso quel fronte. L’avanzata italiana comunque procedeva e onde evitare che effettivamente i fianchi rimanessero scoperti e tagliati il 25 arrivò l’ordine dall’Arciduca di retrocedere attestandosi sui Monti Zebio, Ortigara e Roana. Una linea che non doveva cader ein mano italiana per nessun motivo essendo questa vitale per il fronte nuovo creatosi. Ed in effetti, nonostante gli innumerevoli tentativi di conquistare tali posizioni, a costo di migliaia di vite umane dove si distinsero gli Alpini e le varie Brigate di Fanti e bersaglieri, nulla si riuscì ad ottenere.
La Strafexpedition terminò senza che le mire di Conrad si fossero attuate.
La sesta battaglia dell’Isonzo 4 agosto 1916
Furono già cinque i tentativi che costarono migliaia di vite umane. Ciò nonostante Cadorna organizzava la sesta denominata anche Battaglia di Gorizia per l’importante vittoria italiana conseguita. Conrad ridusse la presenza di truppe sull’Isonzo in virtù della strafexpedition. Così, approfittando di tale spostamento, Cadorna fece proprio l’opposto e spostò truppe dal Tirolo al fronte dell’Isonzo. Il 6 agosto lanciò l’offensiva su Gorizia e l’8 questa cadde in mano italiana con conseguenti innalzamenti nel morale delle truppe. Per questo il 17 agosto Cadorna fece termianre gli attacchi.
La settima battaglia sull’Isonzo 14 – 16 settembre 1916
L’attacco italiano riuscì sul Carso. La terza armata avrebbe dovuto irrompere su Fajti per dirigersi verso Trieste. Arrivò appena a
L’ottava e la nona battaglia dell’Isonzo 1 – 4 novembre 1916
iniziò tra il 10 e 12 ottobre 1916 nella zona di Doberdò a est di Monfalcone e doveva rompere il fronte Austriaco per sfondare nelel retrovie. Ma nonostante la precaria situazione austriaca, le truppe italiane non riuscirono negli intenti.
Dal 10 al 25 giugno 1917
Cadorna fece nuovamente ordinare l’attacco all’Ortigara.
Questo si rese necessario perchè dopo la strafexpedition gli Austriaci si arroccarono in posizioni strategiche importanti che avrebbero potuto colpire alle spalle le armate del Cadore, Carnia ed Isonzo. La linea rafforzata austriaca partiva dalla Val d’Assa (Roana) e seguiva i Monti Rasta, Zebio, Colombara, Forno, Chiesa, Campigoletti, e Ortigara.
Al XX e al XXII Corpo d’Arrmata spettava rompere tale linea rafforzata. Ma gli Austriaci non furono sorpresi in considerazione delle dominanti posizioni prese. Anzi, le batterie austriache potevano ben colpire le avanzate italiane in campi così aperti e visibili al tiro.
Dopo un martellante bombardamento delle cime da parte delle batterie italiane, alle ore15 del 10 giugno iniziava l’attacco. Il XXII sul lato sud incontrò una forte resistenza che gli impedì di avanzare. Sul lato nord la 52° divisione con 18 battaglioni di Alpini divisi in due colonne (Cornaro e Di Giorgio) ebbe un iniziale successo. La prima colonna attraversava la Valle dell’Agnella tentando di conquistare le cosiddette “Opere Mecenseffy” per arrivare al Costone del Ponari e monte Campigoletti. Il battaglione Mondovì arrivò sul Corno della Segala mantenendolo grazie all’inteverento dei Btg. Ceva, Val Stura. Il Vestone e Bicocca superò tra molte perdite la prima fila di reticolati, del Costone del Ponari.
La colonna di Giorgio iniziò con due ondate. La prima composta dai Btg. Bassano, 7 COMUNI, Baldo e Verona e dopo la seconda ondata dei Btg. Mercamtour, Clapier, Arroscia, ellero, e in riserva Spluga, Tirano, Saccarello, val Dora e 9° Reggimento Bersaglieri La Di Giorgio scese nel vallone dell’Agnelizza, e si divise in due tronchi. Il Btg. Bassano risalì il passo dell’Agnella verso quota 2.003 e 2.101, e il 7 Comuni dopo aver cantato l’inno di mameli si diresse verso quota 2.105 il più fortificato.
Il Bassano arrivò stremato e decimato a quota 2.003 lasciando una infinità di Alpini nella vallata. Continuò verso la quota 2.101 detta cima le Pozze. Impossibile avanzare. Arrivano in aiuto i Btg. Val Ellero e monte Clapier. La quota 2.101 viene presa. Stiamo parlando di metri dove centinaia di uomini diedero la vita. Tentativi di arrivare a quota 2.105 rimasero infruttuosi. La 52° divisione perse 35 ufficiali e 280 militari. I feriti furono 1874 e 309 i dispersi.
Di notte dal Monte Campanaro e fino all’alba i Btg. Tirano e Monte Spluga attraversarono il vallone e caddero a centinaia. Tentarono da quota 2.101 (cima Le pozze) di portarsi verso cima Dieci e il Portule. Venne l’ordine di arrestarsi sulle posizioni prese.
Alle 16 ricominciò quello che passerà alla storia come il Calvario degli Alpini. I Battaglioni Verona e Sette  Comuni si sacrificarono nei continui attacchi contro Cima Ortigara, mentre i  Battaglioni Val Arroscia e Monte Mercantour si decimarono contro le  fortificate “Opere Mecenseffy”. I Battaglioni Tirano e Monte Spluga  riattaccarono il Passo di Val Caldiera e la Cima Dieci ad ovest dell’Ortigara e  raggiunsero, a prezzo di tanti CAduti, le posizioni nei pressi di Passo di  Val Caldiera, ma immediatamente si ritirarono per evitare l’accerchiamento.. Alle  perdite del giorno precedente si aggiunsero 12 ufficiali morti, 12 feriti e 1  disperso, 54 militari morti, 420 feriti, 54 dispersi (prigionieri o annientati  dalle bombe).
I battaglioni Valtellina, Saccarello e Monte Stelvio eroicamente e tenacemente impedirono il contrattacco degli Austriaci che iniziò il 15 giugno. Persero la vita 229 militari, di cui 12  ufficiali, i feriti furono 944 e 271 i dispersi.
Il 19 giugno arrivò l’ennesimo ordine di conquistare la cima Ortigara, il passo Val Caldiera per arrivare al Portule. La colonna Cornaro iniziò da sud est, mentre la Di Giorgio forte anche del 4° Rgt. Fanti e del 9° Bersaglieri attaccò da nord est. Il 18 giugno fuoco di preparazione delle artiglierie italiane contro la cima. All’alba del 19 le truppe italiane sono pronte. Alle ore 6 dopo reiterati e numerosi attacchi, un piccolo gruppo di Alpini vide finalmente l’agoniata cima conquistata. Dietro di loro una ecatombe di amici lasciati sul terreno.
Troppo strategica era la posizione dell’Ortigara. Gli Austriaci quindi iniziarono la controffensiva per riconquistarla. Il 25 giugno 1917 alle 2,30 iniziò un forte tiro d’artiglieria che sconquassò la cima e i lati del Monte. Alle 2.40 aiutati anche dai tremendi lanciafiamme partì l’assalto. Alle 3,10 la cima fu riconquistata. Dal Comando Italiano arrivò un ordine insano e crudele privo di ogni logica. Con una volontà omicida si mandò al massacro gli ultimi presenti ordinando loro di riconquistare la cima. Il Battaglione Cuneo riprese quota 2.003 tenuta per soli quattro giorni. Poi venne catturato e inviato nei campi prigionia austriaci. Venne allontanato il Gen Mambretti per questa inutile carneficina causata dai suoi insensati ordini dati, che costarono la vita a oltre 12.633  uomini, dei quali ben 5.969 soltanto l’ultimo giorno.
La disfatta di Caporetto
In considerazione delle numerose offensive compiute dagli Italiani e i numerosi attacchi gli Austriaci, chiamate tre valide divisioni tedesche in aiuto, decisero di sferrare una controffensiva su lagra scala. minuziosamente ponderata.
Il 24 ottobre 1917 sfondarono un punto debole della linea italiana a nord dell’Isonzo e dilagarono procedendo verso Caporetto. In questo modo riuscirono con una manovra a tenaglia ad accerchiare la Seconda Armata nel IV e XXVII Corpo d’Armata allora comandato dal Generale Pietro Badoglio. In quattro giorni penetrarono oltre le linee per 150 Km, raggiungendo Udine. Tale portò tutta la liena a arretrare in una confusione dove le truppe italiane erano sbandate prive di indirizzo. Queste lungo la ritirata abbandonarono i fucili convinti che privi di questi non sarebbero stati più inviati al fronte dagli ufficiali. Ben 350.000 furono i soldati che arretrarono con più di 400.000 civili sfollati. Questa disfatta fu talmente terribile che da tutti ricordata ancora ai giorni nostri. >Dal Tagliamento fino al Piave dove si preparò la nuova linea del fronte difensivo. Stabilizzatasi dal Grappa al Piave, assunse il Comando il Gen. Armando Diaz che sostituì il Cadorna.
Visti gli esiti dell’ultima offensiva italiana, austro-ungarici e tedeschi decisero di contrattaccare.
Il 24 ottobre gli austro-ungarici e i tedeschi sfondarono il fronte dell’Isonzo a nord convergendo su Caporetto e accerchiarono la Seconda Armata Italiana, in particolare il Quarto ed il Ventisettesimo Corpo d’Armata, comandato dal generale Pietro Badoglio.
Da lì avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. La  Disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull’Isonzo con la conseguente ritirata delle armate schierate dall’Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale; 350.000 soldati si diedero a una ritirata scomposta assieme a 400.000 civili che scappavano dalle zone invase. La ritirata venne prima effettuata portando l’esercito lungo il Tagliamento, ed in seguito fino al Piave, l’11 novembre 1917, quando tutto il Veneto sembrava potesse andare perduto. Alla fine si contarono quasi 700.000 tra morti, feriti e prigionieri. A seguito della disfatta, il generale Cadorna, nel comunicato emesso il 29 ottobre 1917, indicò «a mancata resistenza di riparti della II armata» come la motivazione dello sfondamento del fronte da parte dell’esercito austro-ungarico. In seguito Cadorna, invitato a far parte della Commissione d’inchiesta, venne sostituito dal generale Armando Diaz, l’8 novembre 1917, dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del Monte Grappa e del Piave. I due anni di guerra. Caporetto non aiutò certo il morale delle truppe e della popolazione già provati dalla lontananza dalle famiglie, dal lavoro e dai campi dei soldati, da una comprensione che questa guerra ancora sarebbe durata a lungo, dalle innumerevoli perdite viste e subite. La popolazione iniziò a sobillare nelle città , a scioperare, nelel truppe aumentarono le diserzioni. Si diffuse il panico, la protesta, la rivolta. Sarebbe potuto tutto sfociare in una rivoluzione come quella vista in Russia, ma le classi politiche prese dalla paura per un evento non previsto li rese impotenti. La disfatta di Caporetto costò agli italiani 11600 morti, 30000 feriti, 265000  prigionieri, 3200 cannoni, 1700 bombarde, 3000 mitragliatrici, 300.000 fucili.
Da Caporetto alla Vittoria
In virtù delle perdite derivanti dalla disfatta, arrivarono i ragazzi del 99 a rinsaldare una generazione già falcidiata. Il cambio di generali al comando portò Diaz a prendere in mano una situazione difficile e alquanto precaria. Ordinò agli Ufficiali di riprendere in amno i diversi sbandati e riformare le compagnie e battaglioni. Ricostituì i diversi reggimenti e li posizionò lungo la nuova linea difensiva arroccandola al fine di impedire agli Austro Tedeschi di arrivare a Venezia. Da qui frasi come <<O il Piave o tutti accoppati>> dimostrarono che il morale iniziava a riprendersi forti dell’orgoglio e della voglia di riscatto e di difesa della propria nazione. In prossimità dell’inverno l’avanzata si fermò lungo la nuova linea. La conclusione della guerra sull’altro fronte per effetto della rivoluzione ruissa, condusse al fronte altre truppe che rafforzarono quelle presenti. Ecco quindi che il 15 giugno 1918 scattò l’ultima grande offensiva Austriaca che attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta Battaglia del solstizio (15 – 23 giugno 1918), che vide gli italiani, resistere ad oltranza. tale resistenza sconcertò gli Austriaci che credevano di incontrare davanti a loro un nemico abbattuto nel morale in considerazione della precedente disfatta. Questa difesa accanto all’oltranza della guerra anche nel fronte Francese, portò il paese Austriaco al limite del collasso per effetto degli elevati costi sopportati oltre che pe run morale sempre più basso che serpeggiva tra le truppe che vedevano sempre più amici Caduti e nulla di conquiste. Ad ottobre la controffensiva italiana iniziò il 23 in condizioni meteo pessime. Avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli Venezia Giulia finchè il 29 ottobre l’Austria si arrese. L’Armistizio venne dichiarato a Villa Giusti in Padova il 3 novembre 1918. Il 4 Novembre 1918 la guerra terminò.
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